La donna in rosso

Titolo: La donna in rosso

Autore: Alex Beer

Editore: Edizioni E/O

Anno di pubblicazione: 2019


SINOSSI

Vienna, 1920: un luogo di contrasti estremi tra miseria nera, incertezza politica e scatenata vita notturna. Nel bel mezzo dei disordini del dopoguerra un noto politico viene assassinato, e tutti i funzionari di polizia disponibili vengono sguinzagliati nelle indagini – tutti tranne uno. August Emmerich, bollato dai colleghi come “storpio” a causa di una ferita riportata in guerra, deve accontentarsi di occuparsi di noiose scartoffie e di un caso palesemente irrilevante. Nel frattempo, i colleghi trovano un colpevole alla svelta. Troppo alla svelta, per come la vede Emmerich. Gli rimangono solo settantadue ore di tempo per trovare il vero assassino, che ha già preso di mira la prossima vittima. Comincia così una disperata corsa contro il tempo, ed Emmerich fa una macabra scoperta.


RECENSIONE

È un giallo raffinato e d’atmosfera questo romanzo di Alex Beer (pseudonimo della scrittrice austriaca Daniela Larcher), il secondo che vede come protagonista l’ispettore Emmerich. Come ne Il secondo cavaliere, la storia è ambientata negli anni Venti, in una Vienna esasperata dalla miseria, a cavallo tra i due conflitti mondiali.

È una città prostrata, quella in cui si muove il reduce August Emmerich, che una scheggia di granata ha reso storpio. Eppure, quella gamba destra che non riesce a piegare e gli acuti dolori al ginocchio non hanno intaccato minimamente l’istinto del detective, del poliziotto che non vuole rassegnarsi all’idea di trascorrere il tempo riordinando scartoffie.

L’occasione per mettere in mostra le sue capacità investigative, aiutato dal fedelissimo Winter, arriva con l’omicidio di un noto politico, per cui la polizia ha trovato in fretta e furia un capro espiatorio, un poveraccio che vive nello stesso pensionato dell’ispettore. Da qui, la corsa contro il tempo di Emmerich per arrestare il vero colpevole e impedire un nuovo omicidio.

La donna in rosso, tuttavia, è qualcosa di più di un giallo avvincente e di una trama ben congegnata, raccontata con uno stile veloce e accattivante. Il vero punto di forza del romanzo è la cura, la precisione storica della sua ambientazione, e l’atmosfera macabra che l’autrice riesce a evocare.

L’indagine poliziesca si fa pretesto per dipingere l’inquietante affresco di un’epoca, segnata dalla povertà e dalla disoccupazione, dai viveri razionati e dagli scioperi. I misteri da sbrogliare si mescolano all’imbarbarimento, alla disperazione della popolazione, su cui lo spettro dell’imminente dittatura aleggia cupo come un’ombra.


L’AUTORE

Alex Beer è lo pseudonimo di Daniela Larcher, nata a Bregenz in Austria, nel 1977. Ha studiato archeologia a Vienna dove vive. Il secondo cavaliere è il suo primo romanzo; bestseller in Austria e Germania con Penguin Random House è in corso di traduzione in dieci lingue tra cui l’inglese con Europa Editions.

La strategia della clarissa

Titolo: La strategia della clarissa

Autore: Cristiano Governa

Editore: Bompiani

Anno di pubblicazione: 2019


SINOSSI

Carlo Vento, 45 anni, commissario a Bologna. È sovrappeso, ama l’ombra sotto i portici e i romanzi di Dürrenmatt, odia gli investigatori delle serie tv: quei colleghi di successo stropicciati-ma-chic che hanno bellissime ex pronte a consolarli e risolvono le indagini sotto la doccia. Carlo invece nella vita può contare solo su sua sorella Paola, splendida e irrequieta, che per anni ha tenuto una trasmissione musicale notturna alla radio e poi si è fatta suora. Suora di clausura. Ma decisamente anomala: non disdegna l’improperio, il costume a due pezzi, e ogni settimana esce di nascosto dal convento per andare a cena da lui: “Tu la verità la insegui, io la aspetto”, gli ricorda. Una sera Paola chiama Carlo. Si è accorta che in chiesa, nel Libro delle Grazie in cui i fedeli chiedono intercessioni, qualcuno supplica Santa Caterina di far morire delle persone… Nelle stesse ore, Carlo si trova tra le mani il caso della sparizione di una ragazzina, che presto si delinea come un assurdo rompicapo. L’estate si annuncia caldissima.


RECENSIONE

Gli ingredienti del romanzo d’indagine ne La strategia della clarissa ci sono tutti. Ci sono i delitti, un rapimento, dei morti. Ci sono gli indizi, c’è un investigatore e c’è un assassino.

Solo che poi Governa ci insinua il dubbio che non sempre colpevoli e criminali coincidano, che comprendere le persone è spesso più importante che trovare il movente di un crimine. E che i noir, volendo, possono anche essere divertenti.

Può sembrare un ossimoro, in realtà è solo un modo di vedere le cose: al di fuori dagli schemi.

Così come fuori dagli schemi sono i protagonisti di questo romanzo, a cominciare dalla figura del detective.

Cinico, misantropo, con qualche chilo di troppo, Carlo Vento è un antieroe perfetto, che niente ha a che vedere con i commissari della TV (i quali, del resto, si contendono il suo odio con la Riviera Romagnola).

E che dire di sua sorella, l’irrequieta clarissa che dà il titolo al romanzo?

Ex conduttrice radiofonica, Paola Vento è una suora di clausura decisamente sui generis, dedita a ricorrenti fughe dal convento, con energia da vendere e un linguaggio piuttosto colorito.

L’abbinata è stravagante ma, nonostante il continuo battibeccare, i due, insieme, formano una squadra imbattibile. Del resto, la voglia di vivere di Paola, la sua capacità di entrare in empatia con gli altri, sono punti fermi per il commissario Vento, tanto quanto il fiuto dell’insostituibile sottoposto Elio Fantini.

I personaggi, ne La strategia della clarissa, contano infinitamente più della trama. La ricerca del colpevole costituisce un pretesto per parlare di altro. Della mediocrità della società contemporanea, dove l’egoismo e la maleducazione si nascondono dietro un perbenismo di facciata. Dell’indifferenza ai problemi, ai sentimenti degli altri.

Non importa se a Bologna o in Romagna: tutto il mondo è paese.

Eppure, in questo quadro sconsolante, dove ognuno di noi, per un verso o per l’altro, è un po’ colpevole, dove ognuno è fallibile e dove il passato torna sempre a chiedere il conto, Governa lascia aperto uno spiraglio di speranza. Il futuro è di chi, con tutte le sue contraddizioni, con tutte le sue debolezze, non smette di guardarsi dentro e di sognare.

A volte, di cercare l’amore.

Il mio obiettivo” afferma l’autore nella presentazione del romanzo “era raccontare una storia tremenda con il sorriso”.

Ecco, a noi sembra proprio che ci sia riuscito.


L’AUTORE

Cristiano Governa (1970) vive e lavora a Bologna. È giornalista, scrittore e autore per cinema e teatro. Collabora o ha collaborato con diversi quotidiani, fra i quali “La Repubblica”, “Il Domani di Bologna”, il “Corriere della Sera”, “l’Osservatore Romano” e periodici, “Il Venerdì”, “D” di Repubblica, “D Lui” e “GQ”. Ha pubblicato il romanzo noir Il catechista (Aliberti) e le raccolte di racconti Le lettere cattive (Pendragon) e Baranowski (Croce Editore).

L’appeso di Conakry

Titolo: L’appeso di Conakry

Autore: Jean-Christophe Rufin

Editore: Edizioni E/O

Anno di pubblicazione: 2019


SINOSSI

Com’è possibile che Aurel Timescu, con il suo accento rumeno e la sua aria da anni Trenta, sia console di Francia? Eppure è così, anche se nella diplomazia transalpina ricopre ruoli subalterni e gli vengono assegnati incarichi di second’ordine. Questa volta è in piena Africa, più precisamente in Guinea, lui che odia il caldo. Prova a resistere, suda, di notte beve Tokaj e suona il piano. Fino al giorno in cui avviene finalmente l’unica cosa che può ancora appassionarlo: un delitto senza spiegazione apparente. Viene ritrovato un ricco turista bianco, appeso all’albero maestro del suo yatch. Morto. La polizia locale e le autorità diplomatiche francesi brancolano nel buio. Ma Aurel, lo strano console, avvia la sua indagine personale. Vestito con il suo cappottone invernale, nonostante i quaranta gradi all’ombra, ispirato dalle sue notti di alcol e di musica, si lancia senza paura in un’avventura che lo porterà dai bassifondi africani alle vette della finanza internazionale.


RECENSIONE

La storia si apre con una visione agghiacciante. Il cadavere di un uomo penzola dall’albero maestro di una nave, appeso per un piede. Il nome della vittima è Jacques Mayères, ex imprenditore dell’Alta Savoia, approdato a Conakry, in Guinea, dopo aver deciso di lasciare gli affari per trascorrere il resto della vita sulla sua barca a vela.

Se l’atmosfera del romanzo, soprattutto a causa dell’ambientazione africana – del resto, l’autore è stato per anni ambasciatore del Senegal – ha il sapore esotico dei racconti di spionaggio e dei gialli di Graham Greene, il personaggio di Aurel Timescu sembra uscito dalle pagine di Simenon.

L’investigatore di questo noir ironico e originale è infatti il più classico degli antieroi. Dire che Aurel Timescu è un tipo stravagante è riduttivo. È un uomo strano, nel senso etimologico del termine. Estraneo, fuori moda e fuori luogo.

Innanzitutto, sebbene sia console di Francia, Aurel non è francese. E nemmeno guineano. È un rumeno, con la vocazione da detective e il passato da pianista di piano bar. Ma, soprattutto, il suo superiore, il console generale, l’ha reso lo zimbello di Conakry.

Tutti lo guardano – letteralmente, per via della bassa statura – dall’alto in basso. È impacciato, all’antica e sentimentale. E poi se ne va in giro strizzato dentro un’utilitaria, ha un concetto tutto suo di eleganza, che lo spinge a indossare un cappotto assolutamente inadatto alle temperature tropicali, suona il piano tutta la notte e non sa resistere alla tentazione di una bottiglia di Tokaj.

Eppure, grazie al suo intuito investigativo, alla sua tenacia e all’aiuto della bella Jocelyn, sorella della vittima, proprio quell’Aurel Timescu che tutti sottovalutano riuscirà a risolvere l’intricato omicidio di Mayères. E, cosa ancor più importante, a conquistarsi fino in fondo la simpatia dei lettori.


L’AUTORE

FrédJean-Christophe Rufin, medico, diplomatico. Fondatore di Medici senza frontiere, Premio Goncourt, è autore di numerosi romanzi, tra cui L’uomo dei sogniIl collare rosso e Check-point.

Il montacarichi

Titolo: Il montacarichi

Autore: Frédéric Dard

Editore: Rizzoli

Anno di pubblicazione: 2019


SINOSSI

All’interno di un cortile parigino adibito a legatoria, un montacarichi conduce all’appartamento di Madame Dravet. A qualche strada da lì, una sera di Natale dei primi anni Sessanta, Albert Herbin, appena uscito di prigione, è solo al tavolo di un rinomato ristorante della città. Qui i suoi occhi incontrano la signora Dravet, che siede insieme alla figlia. La donna è bellissima. In maniera del tutto imprevedibile e altrettanto efficace, l’uomo riesce ad accompagnare a casa la donna, che infine lo invita per un ultimo bicchiere al secondo piano di questo stabile per metà abitazione, per metà fabbrica. L’attrazione tra i due sembra essere destinata a concludersi sul comodo divano del salotto di Madame, ma invece su quel divano giace disteso, assassinato, il marito della donna. Nelle ore che seguono, e fino all’alba, Albert si troverà avvinto a fatti concitati, legato al destino di Madame Dravet e al suo ruolo misterioso in questa conturbante vicenda.


RECENSIONE

Il montacarichi di Frédéric Dard è la prova che non c’è bisogno di un numero esagerato di personaggi o di trame complicate, per tenere il lettore incollato alle pagine di un romanzo. In questo breve e suggestivo noir, la narrazione si sviluppa attorno a due personaggi principali e nell’arco di una sola notte.

Non una notte qualsiasi, però, dato che Dard ambienta la vicenda durante la Vigilia di Natale. E sembra quasi di respirare l’atmosfera natalizia, man mano che ci si immerge nella lettura.

Di vedere le luci colorate delle decorazioni e la gente festosa. Un momento di gioia, per chi ha la fortuna di essere circondato dall’affetto di amici e parenti, ma pure la notte dell’anno in cui la malinconia e i fantasmi del passato tornano a tormentare con intensità maggiore chi è solo.

Come Albert Herbin, il protagonista del romanzo, appena uscito dal carcere di Marsiglia, dopo aver scontato la pena per l’omicidio della sua amante.

E come Madame Dravet, umiliata, ripudiata dal marito, che sta cenando insieme alla figlioletta Lucienne. Il loro incontro, in un rinomato ristorante – in cui Albert rimpiange di non aver mai portato la madre prima della sua morte – sembrerebbe preludere all’inizio di un’avventura romantica.

Se non fosse che, nel salire da Madame Dravet, i due rinvengono il cadavere del marito sul divano dell’appartamento. Il ritrovamento di Jerome, tuttavia, non basta ad allontanare Albert dalla sua femme fatale, la prima persona che, dopo tanti anni, gli ha regalato un briciolo di calore umano. Così, attraverso un susseguirsi serrato di eventi imprevedibili e inquietanti supposizioni, la storia arriva a poco a poco al suo tragico epilogo, ribaltando – come si conviene – le aspettative dei lettori.

La trama è avvincente e ben congegnata, i colpi di scena sono piazzati strategicamente al momento giusto, i dettagli curati. I dialoghi fanno sì che la lettura scorra veloce, senza annoiare. E, soprattutto, senza che ne sia intaccata la caratterizzazione dei personaggi, le loro molteplici sfaccettature e contraddizioni, che sono il vero punto di forza di questo garbato noir.


L’AUTORE

Frédéric Dard (1921-200) è stato uno scrittore francese, famoso per i suoi numerosissimi romanzi noir, pubblicati lungo tutta la seconda metà del Novecento. La serie di libri polizieschi dedicata al commissario Sanantonio riscosse un eccezionale successo, e insieme ad altre opere dello scrittore arrivò a vendere, nel complesso, più di 290 milioni di copie. Nel 1957 Dard venne insignito del Grand prix de littérature policière, il più importante riconoscimento francese per il genere del giallo, per il suo romanzo Le Borreau pleure. Tra i suoi titoli pubblicati in Italia ricordiamo Mosca al naso per Sanà (E/O, 2013), Facce da funerale (E/O, 2015), Gli scellerati (Rizzoli, 2018) e Il montacarichi (Rizzoli, 2019).

Il cuoco dell’Alcyon

Titolo: Il cuoco dell’Alcyon

Autore: Andrea Camilleri

Editore: Sellerio

Anno di pubblicazione: 2019


SINOSSI

Il suicidio di un operaio appena licenziato e un imprenditore privo di scrupoli trovato assassinato con un colpo di pistola alla nuca. E poi c’è l’Alcyon, una goletta un po’ misteriosa, pochissimi gli uomini di equipaggio, niente passeggeri, la zona di poppa larga abbastanza per fare atterrare un elicottero. Per Montalbano a Vigàta tante gatte da pelare e il suo commissariato da difendere: qualcuno infatti sta tentando di farlo fuori… Un giallo d’azione, quasi una spy story dove si intrecciano agenti segreti, FBI e malavita locale. E un commissario irriconoscibile, che stupirà i suoi lettori.


RECENSIONE

Anche quest’anno Camilleri non delude e regala ai suoi fan una nuova, intricata indagine del commissario più amato d’Italia. A venticinque anni dal suo esordio con La forma dell’acqua, ritroviamo oggi un Montalbano un po’ invecchiato, certo, ma decisamente non meno brillante e coraggioso, nelle pagine de Il Cuoco dell’Alcyon.

La storia, rivela l’autore nelle note finali, ha visto in realtà la luce una decina d’anni fa, come soggetto per un film. Una co-produzione italo-americana, che non si è poi concretizzata. Così la sceneggiatura, con alcune varianti, è diventata romanzo. Un buonissimo romanzo, in cui il giallo assume sfumature da spy story.

La vicenda si apre con il suicidio di un operaio, drammatica conseguenza dei licenziamenti nellafabbrica di scafi di Giovanni Trincanato, detto Giogiò. Pochi giorni dopo, l’uomo – un imprenditore vizioso e senza scrupoli, per cui Montalbano prova un’antipatia immediata e “irreversibili” – vieneucciso con un colpo di pistola alla nuca.

Nel frattempo, proprio al largo del porto di Vigàta, fa la sua comparsa l’Alcyon, una goletta che nasconde attività illecite e inquietanti segreti.

Montalbano, tuttavia, è alle prese con un problema più grosso. Costretto dall’ufficio personale ad allontanarsi da Vigàta con la scusa di smaltire le ferie arretrate, si ritrova a fronteggiare un inspiegabile complotto per smantellare il suo commissariato.

Tra lo sgomento e l’impotenza dei suoi uomini, di Fazio, Augello, Catarella, il commissario è solo e diventa pedina di una partita tortuosa, febbrile, in cui mette lo zampino persino l’FBI. Un gioco di mascheramenti veri e tragicomici equivoci, dove niente è come appare e dove Montalbano, in barba all’età, ritrova un’inaspettata intraprendenza.

Il Cuoco dell’Alcyon è uno di quei romanzi da leggere d’un fiato, lasciandosi trascinare dalle spire della trama e dai colpi di scena, propri del genere poliziesco.

E allo stesso tempo riesce a essere un romanzopoetico, suggestivo, grazie alle immagini che Camilleri si diverte a creare.

Prima tra tutte,il profilo della goletta che si staglia contro la luna, come in quei sogni di pirati e navi fantasma della nostra infanzia.


L’AUTORE

Andrea Camilleri (Porto Empedocle, 1925), regista di teatro, televisione, radio e sceneggiatore. Ha insegnato regia presso l’Accademia Nazionale d’Arte Drammatica. Ha pubblicato numerosi saggi sullo spettacolo e il volume, I teatri stabili in Italia (1898-1918). Il suo primo romanzo, Il corso delle cose, del 1978, è stato trasmesso in tre puntate dalla TV col titolo La mano sugli occhi. Con questa casa editrice ha pubblicato: La strage dimenticata(1984), La stagione della caccia (1992), La bolla di componenda (1993), Il birraio di Preston (1995), Un filo di fumo (1997), Il gioco della mosca (1997), La concessione del telefono (1998), Il corso delle cose (1998), Il re di Girgenti (2001), La presa di Macallè (2003), Privo di titolo (2005), Le pecore e il pastore(2007), Maruzza Musumeci (2007), Il casellante (2008), Il sonaglio (2009), La rizzagliata (2009), Il nipote del Negus (2010, anche in versione audiolibro), Gran Circo Taddei e altre storie di Vigàta (2011), La setta degli angeli (2011), La Regina di Pomerania e altre storie di Vigàta (2012), La rivoluzione della luna (2013), La banda Sacco (2013), Inseguendo un’ombra (2014), Il quadro delle meraviglie. Scritti per teatro, radio, musica, cinema (2015), Le vichinghe volanti e altre storie d’amore a Vigàta (2015), La cappella di famiglia e altre storie di Vigàta (2016), La mossa del cavallo (2017), La scomparsa di Patò (2018); e inoltre i romanzi con protagonista il commissario Salvo Montalbano: La forma dell’acqua (1994), Il cane di terracotta (1996), Il ladro di merendine (1996), La voce del violino (1997), La gita a Tindari (2000), L’odore della notte (2001), Il giro di boa (2003), La pazienza del ragno (2004), La luna di carta (2005), La vampa d’agosto (2006), Le ali della sfinge (2006), La pista di sabbia (2007), Il campo del vasaio (2008), L’età del dubbio (2008), La danza del gabbiano (2009), La caccia al tesoro (2010), Il sorriso di Angelica (2010), Il gioco degli specchi (2011), Una lama di luce (2012), Una voce di notte (2012), Un covo di vipere (2013), La piramide di fango (2014), Morte in mare aperto e altre indagini del giovane Montalbano (2014), La giostra degli scambi (2015), L’altro capo del filo (2016), La rete di protezione (2017), Un mese con Montalbano (2017), Il metodo Catalanotti (2018), Gli arancini di Montalbano (2018), Il cuoco dell’Alcyon (2019).

47. L’oscurità del Golem

47 - Bissattini

Titolo: 47. L’oscurità del Golem

Autore: Emanuele Bissattini

Editore: Round Robin Editrice

Anno: 2018


SINOSSI

Ettore, detto il Gatto, killer con la passione per le moto, torna tra le strade di Roma. Dopo “Glock 17. La pazienza dell’odio”, la storia prosegue con una disperata corsa contro il tempo, che vedrà il killer di Primavalle faccia a faccia con l’odio cieco del Golem. Nato orfano e addestrato solo per la vendetta, Golem è un figlio del buio della capitale, assoldato da Spartaco, il re dell’eroina di Roma Sud, che vuole regolare una volta per tutte i conti con Ettore. In questa nuova vicenda, l’autore continua con la descrizione minuziosa e dura del contesto criminale della città, tra impresari senza scrupoli e incontri clandestini di dirty boxe. Ritroviamo Lucilla e Teresa, le due donne del Gatto, una in pericolo e l’altra forse persa per sempre. E Sigmund, il Tedesco che dovrà scegliere se il voto fatto a un amico morto vale la vita di un altro amico che muore. Soprattutto c’è la scelta che un uomo fa davanti allo specchio: vivere o morire, essere libero o perdersi per sempre nell’oscurità, sua ultima compagna di viaggio.


RECENSIONE

47. L’oscurità del Golem” è il secondo episodio della trilogia noir di Emanuele Bissattini, dedicata alle vicende di Ettore “il Gatto”, giustiziere per professione. In questo romanzo, ancora più cupo del precedente, il protagonista si trova a confrontarsi con il temibile personaggio del Golem, un assassino prezzolato e senza scrupoli.

Di primo acchito potrebbe sembrare che il Gatto e il Golem siano l’uno il doppio dell’altro.

Entrambi sono animati dall’odio e da un desiderio di vendetta, che scaturisce dalla perdita di una persona cara. Entrambi hanno fatto della violenza, fino alla forma estrema dell’omicidio, il loro pane quotidiano. Il loro modo di rimettere insieme i pezzi di un mondo in frantumi. E la struttura narrativa riflette questo parallelismo tra i due killer, dando voce a entrambi, alternativamente.

Le cose, tuttavia, non sempre sono semplici come appaiono e l’autore sa giocare sapientemente con le sfumature, portando a galla i demoni che dominano la psiche dei suoi personaggi. Con quel suo stile immediato,cinematografico, che abbiamo apprezzato già nel primo episodio della trilogia.

Chi, prima di leggere questo romanzo, ha conosciuto il Gatto in “Glock 17. La pazienza dell’odio”non potrà non notare l’evoluzione del protagonista in “47. L’oscurità del Golem”. È un Ettore diverso quello che emerge in queste pagine, perché – pur restando un personaggio inquieto, incapace di trovare pace – mostra finalmente il suo lato più fragile.

È un Ettore più umano, che tentenna, dubita, rimpiange, soffre, ama. È un Ettore che porta alla luce un conflitto interiore e che mette in discussione le proprie scelte. Soprattutto quella di alimentare una spirale di violenza che, fino a quel momento, è stata per lui ragione di vita.

E una spirale simile ha trascinato il Golem verso un’oscurità senza redenzione, trasformandolo in un uomo freddo, psicopatico, privo di empatia. Capace di comunicare solo con Giulio, l’amico che gli è stato portato via, la cui voceriecheggia continuamente nelle pieghe della sua mente.

Non vediamo l’ora di scoprire che cosa ci riserverà il capitolo finale


L’AUTORE

Emanuele Bissattini, scrittore noir e autore, si occupa di story telling, scrittura creativa, sceneggiatura e copy writing. Nasce giornalista d’inchiesta sociale – il Manifesto, L’Espresso e Il Messaggero – e da allora il gusto per le periferie non lo ha mai abbandonato. Nel 2017 ha pubblicato per Round Robin Editrice il suo romanzo d’esordio “Glock 17, la pazienza dell’odio”, primo volume di una trilogia, seguito nel 2018 da “47. L’oscurità del Golem”. Sempre per Round Robin è co-autore de “Il Buio, la lunga notte si Stefano Cucchi” (2018), graphic novel, che apre le porte sul caso di cronaca che ha sconvolto l’Italia.

Glock 17. La pazienza dell’odio

Glock 17 - Bissattini

Titolo: Glock 17. La pazienza dell’odio

Autore: Emanuele Bissattini

Editore: Round Robin Editrice

Anno: 2017


SINOSSI

Lo chiamano il Gatto perché ha sette vite. Ne ha già consumate cinque. Roma, quartiere Primavalle: il Gatto è Ettore, il killer dell’ultima corsa. Se perdi quella, a casa non torni. Mai più. L’ordine nella sua officina è quello che si è imposto nella vita. Ogni attrezzo ha il suo posto perché ogni chiave ha la sua funzione. E se la donna che gli hanno chiesto di rintracciare ha un guinzaglio al collo come un cane, il Gatto riporta l’ordine delle cose nell’unico modo che conosce: vendetta. Un affare mai a buon mercato, neanche per Francesco, il broker della mala salito sull’ultima corsa per salvare la sorella. Accanto al Gatto c’è Sigmund, un camaleonte che trova quiete dietro al banco di fiori di fronte a Regina Coeli. Sigmund è Il Tedesco, ma la sua terra è il suo passato, e i suoi ricordi sono la sua condanna con fine pena mai. Roma non è la città Eterna. Roma è il buio che prende forma quando la luce è solo un lumicino acceso di fronte a un volto che si nasconde e attende. Fermo e senza respirare. La notte è il territorio di caccia che non t’aspetti. E i cacciatori diventano prede che non si accorgono di quanto reale possa essere il male.


RECENSIONE

Si intitola “Glock 17. La pazienza dell’odio” l’avvincente esordio letterario di Emanuele Bissattini, pubblicato da Round Robin.

Primo episodio di una trilogia che ha come protagonista Ettore, detto il “Gatto”, non stupisce che questo romanzo sia stato selezionato per l’edizione 2017 del Premio Scerbanenco, uno dei più importanti riconoscimenti letterari per il giallo e il noir. Con una doverosa premessa: se siete appassionati del giallo classico, questo libro non fa per voi.

Glock 17 è un noir in piena regola. E non solo per le atmosfere cupe che evoca, in cui l’odore della polvere da sparo si mescola a quello del sangue, i ricordi e gli incubi notturni a un presente fatto di squallore e di miserie umane, senza speranza.

In questo contesto si muove Ettore il “Gatto”, il protagonista del romanzo. Non un detective, non un poliziotto, avvocato o giornalista ficcanaso. Piuttosto antieroe moderno, la cui infanzia è stata spezzata, segnata in modo indelebile dall’omicidio del padre e dallo stupro della madre.

Ettore è un giustiziere solitario, un killer per professione assetato di vendetta, con una propria morale e un obiettivo ben preciso: mettere, per quanto possibile, le cose a posto. Per gli altri, ma anche per se stesso.

Giustizia e ingiustizia, bene e male, assumono così un senso diverso, personale, che va riletto alla luce della visione del mondo di Ettore e dell’odio che arma la sua Glock, la pistola che prima di lui apparteneva al padre.

Sopra le righe è pure la struttura del romanzo. Glock 17 ha una natura cinematografica, si sviluppa in soggettiva, per giustapposizione di sequenze. Gli eventi – o meglio gli episodi – si susseguono a un ritmo serrato, narrati in prima persona dalla voce del protagonista. Scelta coraggiosa, ma efficace, in cui la storia di Ettore emerge gradualmente, man mano che il lettore viene trascinato nella sua mente.

Lo stile di Bissattini è semplice, asciutto e conciso. Capace di racchiudere in poche parole un intero universo di immagini, in cui l’ambientazione rimane sullo sfondo, presente ma non invadente. Quello della Roma cara all’autore, la Roma delle periferie e dei personaggi che le animano, come Sigmund il “Tedesco”, l’aiutante di Ettore. O Lucilla, la sua protetta, che lavora nell’officina usata dal “Gatto” come copertura.

Con queste premesse, le aspettative per i prossimi romanzi della trilogia non possono che essere alte.


L’AUTORE

Emanuele Bissattini, scrittore noir e autore, si occupa di story telling, scrittura creativa, sceneggiatura e copy writing. Nasce giornalista d’inchiesta sociale – il Manifesto, L’Espresso e Il Messaggero – e da allora il gusto per le periferie non lo ha mai abbandonato. Nel 2017 ha pubblicato per Round Robin Editrice il suo romanzo d’esordio “Glock 17, la pazienza dell’odio”, primo volume di una trilogia, seguito nel 2018 da “47. L’oscurità del Golem”. Sempre per Round Robin è co-autore de “Il Buio, la lunga notte si Stefano Cucchi” (2018), graphic novel, che apre le porte sul caso di cronaca che ha sconvolto l’Italia.

Mars Room

Mars Room - Rachel Kushner

Titolo: Mars Room

Autore: Rachel Kushner

Editore: Einaudi

Anno: 2019


SINOSSI

Un cellulare della polizia percorre le strade deserte nella notte californiana. Le detenute vanno trasferite quando cala il buio, per tenere distante dagli occhi della gente perbene quel branco di ladre, mogli assassine e madri degeneri. Romy Hall è seduta a bordo, e cerca di farsi gli affari suoi: una delle prime regole che s’imparano in prigione.  Di lei non sappiamo molto. Sappiamo però che ha ucciso un uomo e per questo è stata condannata. È successo quando faceva la spogliarellista al Mars Room. Alcuni clienti optavano per il “pacchetto fidanzata” e uno di loro, Kurt Kennedy, si era convinto che lei fosse davvero la sua fidanzata, maturando una gelosia ossessiva e perversa. Romy era scappata a Los Angeles, ma non sembrava esserci modo di fuggire davvero da quell’uomo.  Anche se nessuno ha ascoltato la sua versione, Romy è rassegnata ad abbandonarsi agli ingranaggi crudeli di una giustizia vendicativa, paternalista e violenta, pronta a abbandonarsi al suo destino come già faceva nella sua giovinezza randagia e disperata, romantica e perduta. Finché un giorno, anche lì, in fondo all’inferno in cui è precipitata, arriverà una notizia che cambierà tutto…


RECENSIONE

Mars Room – così si intitola il terzo, riuscito romanzo della Kushner – è il nome dello strip-club di San Francisco,dove Romy Hall lavorava prima di trasferirsi a Los Angeles. Prima di uccidere a sprangate il suo stalker, prima di essere condannata a due ergastoli e di essere rinchiusa nel carcere femminile di Stanville.

“Non ho in programma di vivere una vita lunga” – afferma la protagonista nelle prime pagine. – “Ma nemmeno una breve, se è per questo. Non ho nessun programma. Il fatto è che continui a esistere che tu abbia in programma di farlo o meno, finché non smetti di esistere, e allora i tuoi programmi vanno a farsi fottere comunque. Ma non avere programmi non significa non pentirsi di niente.”

Nel romanzo c’è un prima e c’è un dopo, e il Mars Room fa da spartiacque.

Nel “prima”, abbiamo la San Francisco della giovinezza di Romy, i suoi ricordi di ragazzina. Una madre distaccata, la dipendenza dalle droghe, una violenza subita alle soglie dell’adolescenza. Ma c’è anche l’amore per la sua amica Eva e per la città. Non la San Francisco turistica, non quella della poesia beat e delle bandiere arcobaleno, ma la parte più desolata e degradata dei sobborghi.

Nel “dopo” c’è invece l’omicidio di Kurt Kennedy, lo stalker da cui Romy è fuggita, trasferendosi a Los Angeles. C’è il processo e una condanna durissima, senza nessuna attenuante. C’è la prigione, le sue regole, a cui Romy sta cercando di adattarsi, e ci sono le donne che come lei stanno scontando una pena.

C’è la solitudine e la disperazione per la separazione dal figlioletto Jackson.

Mars Room” è un romanzo intenso, denso, sconfinato per tematiche. Un romanzo basato sulle dicotomie.Raccontando la storia di Romy Hall e dei personaggi che le ruotano attorno, l’autrice parla di bene e male, diinclusione ed esclusione, di colpa e punizione. Echeggia Dostoevskij in un’America che è Paese della libertà e delle ingiustizie.

La Kushner affronta, senza risparmiare i dettagli più cruenti, l’annosa questione della violenza: istinto naturale oconseguenza dell’ambiente sociale e delle circostanze? La violenza patologica, psicologica, viene contrappostaalla violenza fisica, dettata dalla paura. La violenza contro la dolcezza, la bellezza di una donna come Romy.

Mars Room” è un affresco spietato dell’America contemporanea e della società, in cui trova posto una molteplicità di tipi umani. Alcuni sono i compagni di cella della protagonista: il transessuale Conan, Laura Lipp, che ha ucciso il suo bambino come Medea, Betty LaFrance, ex-modella nel braccio della morte. Altri fanno parteinvece del mondo esterno, come le guardie carcerarie e gli avvocati, il poliziotto corrotto Doc e il romantico insegnante di letteratura Gordon Hauser, uomo inconsistente e sostanzialmente egoista.

Lo stile della Kushner è breve e asciutto, il suo umorismo cupo. Ha una prosa elettrizzante, che trascina il lettore dall’inizio alla fine del romanzo, e che fa perdonare i rapidi salti temporali tra passato e presente. O le digressioni, che pure a volte appesantiscono la trama, così come il continuo spostamento del punto di vista, da Romy a quello degli altri personaggi, che l’autrice inserisce in una narrazione corale.

“Mars Room” è un romanzo appassionante e di grande umanità. È avvincente, nonostante sia ambientato quasi tutto tra le quattro mura di un carcere. È capace di suscitare sentimenti ambivalenti nei confronti dei personaggi, di compassione e di repulsione, ma sempre sospendendo il giudizio. “Mars Room” è uno di quei romanzi che ti entra dentro.


L’AUTORE

Rachel Kushner è nata nel 1968 in Oregon, ma a undici anni si è trasferita a San Francisco con i genitori. Prima di Mars Room ha pubblicato i romanzi Braci nella notte e I lanciafiamme. Vive a Los Angeles. Mars Room è stato uno dei romanzi meglio recensiti del 2018. Tra l’altro è stato selezionato come Miglior libro dell’anno da Time Magazine, e inserito tra i Libri notevoli del New York Times; è stato finalista al Man Booker Prize, al National Book Critics Circle Award e candidato per la Andrew Carnegie Medal.

E’ stato Baudelaire

E' stato Baudelaire - Francesca Gerbi

Titolo: E’ stato Baudelaire

Autore: Francesca Gerbi

Editore: Buendia Books

Anno di pubblicazione: 2019


SINOSSI

Il maresciallo Antonio Rodda, burbero, single incallito, tanto abile nelle indagini quanto poco incline a elargire informazioni alla stampa, e Fulvia Grimaldi, giornalista caparbia e intraprendente, sono stati segnati da una comune tragedia: il brutale assassinio della quattordicenne Marina nel 1992, migliore amica di Fulvia e unica macchia nella carriera di Rodda. Una ferita mai rimarginata, un mistero irrisolto in un angolo apparentemente tranquillo della provincia, un omicidio senza spiegazioni né colpevole. Un incubo che li perseguita ancora, oggi più che mai: Baudelaire – questa la firma dell’assassino – è tornato, con i suoi messaggi in versi e il suo carico di ricordi e segreti. Toccherà ai due protagonisti tornare a quegli anni terribili, ricostruire vicende, volti e storie, spalancare porte sigillate e abissi oscuri e profondi. Perché nulla è come sembra: l’aguzzino sa assumere forme insospettabili, e il male di vivere si annida in luoghi inattesi, tra amene colline, paesi senza tempo e animi quieti come acqua.


RECENSIONE

Un paesino sperduto della provincia di Cuneo: è questa l’ambientazione che Francesca Gerbi ha scelto, per cimentarsi per la prima volta con un noir. Una realtà statica, immobile, in cui il tempo non sembra passare mai. Un microcosmo, dove gli abitanti si conoscono tutti.

E tutti ricordano quel delitto irrisolto, su cui, a più di vent’anni di distanza, il maresciallo Rodda (il poliziotto che all’epoca aveva seguito il caso) riprende a indagare, aiutato dalla giornalista Fulvia Grimaldi, amica della vittima.

L’autrice riesca a rendere in modo efficace l’atmosfera claustrofobica della provincia e l’atteggiamento omertoso dei suoi abitanti. Quella filosofia di paese, che impone di badare agli affari propri e tenere la bocca chiusa.

Tuttavia, nessun segreto resiste per sempre e l’orrore nascosto sotto il tappeto, un poco alla volta, viene alla luce. Infrange la superficie di tranquillità apparente, di noia. I mostri sono intorno a noi, condividono con noi la banalità del quotidiano.

Gli indizi per la soluzione del caso sono disposti sul piatto fin dall’inizio del romanzo, ma la Gerbi è abile nel centellinarli. Alternando, senza che i salti temporali disturbino la lettura, passato e presente.

Se una critica si può muovere a questo romanzo, è forse la velocità con cui arriva alle conclusioni. Da un certo punto in poi, è come se il lettore venisse precipitato verso il finale, come se il finale venisse affrettato.

Non c’è climax, il ritmo accelera in modo brusco.  La spiegazione arriva di colpo e quello che viene sacrificato è la psicologia dei personaggi. In particolare, nelle ultime pagine il loro punto di vista, i loro pensieri passano in secondo piano rispetto all’azione. Restano sospesi, non detti, stritolati dagli eventi.

In ogni caso, seppur breve, il romanzo è avvincente, cupo come richiede il genere, e lo stile è scorrevole… MaBaudelaire, che c’entra? C’entra, eccome. Perché la poesia è la chiave per comprendere l’assassino, un dettaglio che aggiunge orrore all’orrore.


L’AUTORE

Francesca Gerbi è nata il 29 aprile 1989 a Bra e vive tra Corneliano d’Alba e San Damiano d’Asti, dove è consigliere comunale. Da sempre innamorata della cultura e delle tradizioni del territorio roerino e di quello astigiano, è laureata in lettere ed è giornalista pubblicista. Scrive sul settimanale Gazzetta d’Alba e collabora con il giornale cornelianese La chiacchiera. A novembre 2017 ha pubblicato il suo primo romanzo, Cicatrici oltre il buio (Umberto Soletti editore) e a novembre 2018 il secondo, Una torre ci vuole… (Umberto Soletti editore). Cura la sua agenzia di ufficio stampa, comunicazione e organizzazione eventi, Molto studio, e dedica il suo tempo libero alla Fondazione Torre di Corneliano d’Alba Onlus, che si occupa del recupero e del restauro del monumento medievale.

Nell’ombra

Nell'ombra - Melisa Schwermer

Titolo: Nell’ombra

Autore: Melisa Schwermer

Editore: Adiaphora

Anno di pubblicazione: 2018


SINOSSI

Trasferitasi a Francoforte per lasciarsi alle spalle il tradimento del fidanzato, la giornalista e scrittrice Elsa Winter si ritrova fin da subito al centro di una rete di coincidenze misteriose quanto inquietanti. Chi sono gli uomini che suonano di continuo al suo campanello alla ricerca della terapista Daphne, precedente inquilina dell’appartamento? Quale atto di violenza si è consumato tra le pareti di quella casa? E, soprattutto, cosa nasconde Pappel, il bizzarro vicino, che pare così ossessionato da lei? Con l’aiuto di Achim, vecchio amico e compagno di studi, Elsa si ritroverà a dover far luce tra le ombre del passato per scoprire chi sta tessendo i fili di questo diabolico spettacolo, inconsapevole di quanto la catastrofe a cui la follia umana può condurre si stia facendo sempre più vicina.

RECENSIONE

Questo thriller psicologico, angosciante e oscuro, prende il via con un evento che chiunque di noi ha vissuto – o potrebbe vivere – almeno una volta nella vita. Il trasferimento in una nuova città, il trasloco in un appartamento, che in precedenza è stato affittato a un altro inquilino.

Niente di strano, non fosse che Elsa Winter, a Francoforte per superare la crisi della relazione con Pascal, sente che qualcosa non va fin dal principio. Alla sua porta bussano in continuazione uomini, che cercano una certa Daphne, e Pappel, il vicino di casa, è invadente in un modo che la inquieta. Mettici anche la scoperta che tra quelle quattro mura si è consumata ai danni della precedente inquilina un’aggressione, sfociata quasi in omicidio, e il quadro è completo.

Mentre Elsa si mette sulle tracce di Daphne, per cercare di far luce sugli eventi del suo passato, l’autrice disegna in parallelo i tratti delle due figure femminili, la scrittrice – investigatrice e la terapeuta – vittima, sfruttando un punto di vista particolare: lo sguardo morboso e voyeuristico dello stalker Pappel.

In questo romanzo l’indagine psicologica dei personaggi, sottile, quasi chirurgica, si accompagna a una trama avvincente, ricca di inquietudine, che esplode all’improvviso in un’escalation di follia e violenza. L’orrore rompe la banalità del quotidiano, la situazione precipita in un modo che non ti aspetti.

Il tema della violenza contro le donne, drammaticamente attuale, si intreccia nelle pagine della Schwermer con l’analisi dei meccanismi malati della mente e offre spunti di riflessione su un altro argomento, che domina la letteratura tedesca al di là del genere: il tema della colpa.

Nelle ultime pagine del romanzo, Elsa si chiede se il concatenarsi di eventi e coincidenze, che ha condotto la vicenda a un finale drammatico, non sia stato colpa unicamente della sua curiosità e delle sue scelte. La domanda, ovviamente è retorica. La violenza, prima o poi, sarebbe esplosa comunque.

L’interrogativo a cui l’autrice sembra cercare risposta è piuttosto un altro.

Qual è il meccanismo che può trasformare in uno psicopatico una persona qualunque, una persona comune?

Di chi è la colpa della follia?

Di un passato di abusi?

Di una società che emargina invece di includere, che ci lascia soli?

O, forse, semplicemente del caso.


L’AUTORE

Melisa Schwermer, nata nel 1983 a Offenbach, ha studiato germanistica e filosofia. Al momento sta svolgendo il dottorato in Scienze della letteratura e lavora come collaboratrice all’Università. Con il suo racconto breve “Das glitzernde Ding” ha ottenuto il 3° posto dell’Horror-Award Vincent-Preis nel 2014. Nell’agosto 2016 è uscito il thriller “So bitter die Schuld” (Così amara la colpa), rimanendo a lungo al 1° posto della Kindle-Charts e per sei settimane nella classifica BILD-Bestseller. Inoltre, il titolo è stato inserito tra i cinque finalisti dei Kindle-Storyteller-Awards 2016. Anche il sequel “So dunkel die Angst” (Così oscura la paura) ha raggiunto la Top 10 delle Kindle-Charts. Melisa Schwermer vive con il compagno a Rödermark. Oltre alla lettura e alla scrittura, ama la musica rock e punk ed è attiva nell’ambito della tutela degli animali.