Guida il tuo carro sulle ossa dei morti

Titolo: Guida il tuo carro sulle ossa dei morti

Autore: Olga Tokarczuk

Editore: Bompiani

Anno di pubblicazione: 2020


SINOSSI

Janina Duszejko, insegnante d’inglese e appassionata delle poesie di William Blake, è un’eccentrica sessantenne che preferisce la compagnia degli animali a quella degli uomini e crede nell’astronomia come strumento per porre ordine nel caos della vita. Quando alcuni cacciatori vengono trovati morti nei dintorni del suo villaggio, Janina si tuffa nelle indagini, convinta com’è che di omicidi si tratti. Con la sua prosa precisa e pungente Olga Tokarczuk ricorre ai modi del noir classico per virare verso il thriller esistenziale e affrontare temi come la follia, il femminismo, l’ingiustizia verso gli emarginati, i diritti degli animali: surreale, acuto, melanconico, sconcertante, il suo romanzo interroga il presente anche quando sembra parlare di tutt’altro.


RECENSIONE

Un’anziana insegnante, Janina Duszejko, animalista convinta e appassionata di astrologia. Un villaggio sperduto in mezzo ai boschi nei Sudeti orientali, a due passi dal confine ceco. Una serie di morti sospette. Sono questi gli elementi che Olga Tokarczuk, Premio Nobel per la Letteratura, dispone sul piatto.

Uscito in Polonia nel 2009, “Guida il tuo carro sulle ossa dei morti” mescola in modo per nulla scontato l’atmosfera delle fiabe gotiche alla forma del noir e alla tensione del thriller, sempre più drammatica man mano che la vicenda si avvia verso la sua conclusione.

Il punto di vista è quello della protagonista: è lei a dare nomi nuovi a cose e persone (a partire dai suoi vicini, “Piede Grande” e “Bietolone”), è lei a credere agli astri ed è sempre lei a sospettare che gli omicidi siano una vendetta degli animali. Animali che, in questo romanzo, sono scritti con la lettera maiuscola, assieme ad emozioni e sentimenti, proprio come faceva William Blake, il poeta che Janina traduce assieme al suo studente (e a cui il titolo stesso del libro è debitore).

Attraverso lo sguardo ingenuo e fantasioso di Janina, attraverso il confronto tra la sua visione anticonvenzionale, e la realtà, dura, violenta, il lettore è spinto a riflettere sui temi universali che questo romanzo affronta: la ricerca del senso della vita, la necessità di superare le apparenze per conoscere gli altri, la responsabilità dell’uomo nei confronti della natura e degli animali, il rapporto tra determinismo e libero arbitrio.

E ancora: esiste un ordine delle cose?

Ci è dato scoprirlo?

L’uomo è in grado di percepire con chiarezza la realtà e il senso degli eventi?

La risposta la Tokarczuk ce la dà attraverso le parole del suo personaggio:

Ritengo infatti che la psiche umana sia nata per tutelarci dal vedere la verità. Per non consentirci di scorgerne direttamente il meccanismo. La psiche è il nostro sistema di difesa: si adopera per non farci mai comprendere ciò che ci circonda. Si occupa principalmente di filtrare le informazioni, sebbene le possibilità del nostro cervello siano enormi. Perché quel sapere non sarebbe sostenibile. Ogni minima particella del mondo si compone infatti di sofferenza.


L’AUTORE

Olga Tokarczuk è nata nel 1962 e ha studiato psicologia a Varsavia. È scrittrice e poetessa tra le più acclamate della Polonia e la sua opera è stata tradotta in trenta paesi. Ha vinto il Premio Nobel per la Letteratura 2018 “per la sua immaginazione narrativa che con passione enciclopedica rappresenta l’attraversamento dei confini come forma di vita”. Il romanzo I vagabondi le è valso il Man Booker International Prize 2018 ed è stato finalista al National Book Award. È stata di nuovo finalista al Man Booker International Prize nel 2019 proprio con Guida il tuo carro sulle ossa dei morti, uscito in Polonia nel 2009.

Le unghie rosse di Alina

Titolo: Le unghie rosse di Alina

Autore: Christine Von Borries

Editore: Giunti

Anno di pubblicazione: 2020


SINOSSI

Un nuovo mistero da risolvere per le quattro inseparabili amiche Valeria Parri, pubblico ministero alla Procura di Firenze; Erika Martini, ispettore di polizia; Giulia Gori, giornalista; Monica Giusti, commercialista. Nelle acque di un torrente, alla periferia di Firenze, viene ritrovato il cadavere di una giovane donna, dai lunghi capelli biondi e dalle unghie laccate di rosso. Di lì a breve si scoprirà che la vittima è una prostituta ucraina, Alina. Ma quello che potrebbe sembrare il gesto di un balordo porterà gradualmente alla luce una vicenda molto più complessa, che affonda le radici nella Firenze altolocata, disposta a tutto pur di soddisfare i desideri più urgenti: come quello di avere un figlio, a ogni costo. E tra una cena, un aperitivo e una serata a teatro, le quattro amiche non solo dipaneranno la fitta trama di intrecci sentimentali, tradimenti e tensioni familiari che movimentano le loro vite, ma riusciranno a mettere insieme i vari tasselli del mosaico che ruota intorno alla morte di Alina. Tutto questo grazie a un’arma in più, l’unica veramente efficace: la complicità e la solidarietà femminile che le tiene unite da tanti anni.


RECENSIONE

C’era questo di bello nelle chiacchiere tra amici: per un po’ vivevi anche le vite degli altri, osserva la voce narrante durante una cena, uno dei tanti appuntamenti in cui le quattro amiche, le protagoniste del romanzo di Christine Von Borries, si incontrano.

Eppure, a un certo punto, le loro vite in apparenza tanto diverse – ciascuna alle prese con i problemi della propria quotidianità, tra relazioni sentimentali più o meno felici, più o meno stabili, tra figli e carriera – tendono inevitabilmente a convergere nell’indagine sull’omicidio della prostituta Alina Koshenko.

L’intreccio classico del romanzo crime, ricco di suspense e colpi di scena, si mescola così alla delicata narrazione di uno dei legami affettivi più potenti: l’amicizia. Affini tra loro per ideali e visione del mondo, Valeria, Monica, Giulia e Erika si sostengono infatti a vicenda per tutta la durata dell’indagine, correndo in aiuto l’una dell’altra, a rischio di mettere in pericolo la propria vita.

Particolare e di grande attualità è pure il tema affrontato nel romanzo, un argomento non semplice, che è tuttora oggetto di dibattito: l’inseminazione eterologa. Ecco allora che la narrazione poliziesca diventa spunto per una riflessione più ampia sul significato della maternità nella nostra società.

Fino a che punto è giusto spingersi per realizzare il desiderio di avere un figlio?

Quali sono i potenziali rischi del voler realizzare questo sogno a tutti i costi, in un mercato globale, in cui tutto ha un prezzo e può diventare merce?

Può l’adozione diventare una scelta d’amore e non solo un ripiego?

La risposta, lo sappiamo, non si trova tra le pagine di un romanzo, ma un romanzo può senz’altro aiutare a porci le domande giuste.

E questo è Le unghie rosse di Alina : una storia che, attraverso lo sguardo delle sue protagoniste (e dell’autrice), ci spinge a riflettere sull’amore, sugli affetti, sul senso e la responsabilità che dare la vita comporta.


L’AUTORE

Madre italiana e padre tedesco, Christine Von Borries nasce a Barcellona nel 1965. Dopo la laurea in giurisprudenza vince il concorso in magistratura e lavora come pubblico ministero ad Alba, Prato, Palermo e dal 2005 a Firenze. Ha pubblicato con Guanda Fuga di Notizie Una verità o l’altra. Per Giunti è uscito il primo romanzo con protagoniste le quattro amiche fiorentine, A noi donne basta uno sguardo.

Il fantasma dei fatti

Titolo: Il fantasma dei fatti

Autore: Bruno Arpaia

Editore: Guanda

Anno di pubblicazione: 2020


SINOSSI

Vi hanno mandato loro? chiede Tom il Greco ai due sconosciuti che bussano alla porta della sua casa di vacanza in Québec. “Loro” sono gli uomini della Cia, l’Agenzia che Thomas Karamessines, detto il Greco, ha servito per tutta la vita. C’era proprio lui, infatti, a capo della stazione di Roma quando, tra il 1961 e il 1963, con la morte di Mario Tchou, l’attentato a Enrico Mattei, le incriminazioni e le condanne di Felice Ippolito e di Domenico Marotta, l’Italia perdeva di colpo ogni competitività in campo scientifico, politico ed energetico, avviandosi verso il declino attuale. Una semplice coincidenza? O dietro quel punto di svolta così drammatico per il nostro paese si nascondeva la longa manus della Cia e di Tom il Greco? Dopo l’Italia, una lunga carriera avrebbe portato Karamessines a giocare un ruolo anche nei misteri più bui della politica internazionale, dall’assassinio di Kennedy alla cattura di Che Guevara e al golpe in Cile. Ci sono, però, intrighi e segreti di stato che nemmeno gli uomini più scaltri riescono a tenere sotto controllo. Segreti che, in ore estreme, quando quei due sconosciuti bussano alla sua porta, non ha più senso nascondere. A partire da questa figura sfuggente, l’ossessione di un protagonista che ha lo stesso nome dell’autore si trasforma in una lunga indagine, e in un romanzo che intreccia i “fatti” con le zone oscure degli eventi, illuminate dall’immaginazione. Perché, come sostiene Sciascia, non sono tanto i fatti quanto “i fantasmi dei fatti” a costituire la vera materia della letteratura.


RECENSIONE

Le uniche storie che vale la pena di raccontare sono quelle che non possono essere raccontate.

È questo che dice a Bruno Arpaia l’amico Pietro Greco, quando, al Caffè Gambrinus, lo incoraggia a scrivere il romanzo sui fatti di cronaca che hanno segnato la storia italiana dei primi anni Sessanta, decretando di fatto l’arrestarsi della ricerca in ambito tecnologico ed energetico del nostro Paese.

Parliamo della morte misteriosa di Mario Tchou, ingegnere e collaboratore di Adriano Olivetti, e di quella di Enrico Mattei, fondatore di ENI; parliamo dei clamorosi arresti di Felice Ippolito e Domenico Marotta, rispettivamente Segretario generale del Comitato Nazionale per l’Energia Nucleare e direttore dell’Istituto Superiore di Sanità.

In bilico tra l’inchiesta giornalistica e la spy story, aggiungendo pure qualche sfumatura autobiografica, Arpaia dà alla luce un bellissimo metaromanzo, in cui il piano della narrazione si sovrappone al racconto del mestiere dello scrittore, che a quella storia sta lavorando.

Il fantasma dei fatti si sviluppa su due piani temporali. Da un lato, c’è il presente, dove Arpaia cerca faticosamente di documentarsi, alternando l’ossessione che ha di trovare il bandolo della matassa alla tentazione di desistere nell’impresa. Dall’altro, c’è la storia di Thomas Karamessines, capo della stazione C.I.A. a Roma tra il 1959 e il 1963, di cui l’autore ripercorre l’ultimo giorno di vita nella sua casa di Lac Grand, in Québec.

È in quel fatidico 3 settembre del 1978, interrogato da due agenti della CIA che vogliono convincerlo a non testimoniare contro l’agenzia, che Karamessines rivela il suo coinvolgimento e quello dei servizi segreti in questioni delicatissime, che hanno influenzato gli equilibri politici, economici e tecnologici del mondo intero.

Difficile capire dove finisce l’immaginazione e dove comincia la realtà. Vero è che Il fantasma dei fatti è un romanzo avvincente, carico di suspense e di mistero, in cui pochi interrogativi riescono a trovare risposta e quasi nulla è come sembra.


L’AUTORE

Giornalista, consulente editoriale e traduttore di letteratura spagnola e latinoamericana, Bruno Arpaia ha pubblicato, tra gli altri, i romanzi I forestieri, Il futuro in punta di piedi, Tempo perso (Premio Hammett Italia 1997), L’angelo della storia (Premio selezione Campiello 2001, Premio Alassio Centolibri – Un autore per l’Europa 2001), Il passato davanti a noi (Premio Napoli e Premio Letterario Giovanni Comisso 2006), Per una sinistra reazionaria, questi ultimi usciti per Guanda. Per lo stesso editore è uscita anche una conversazione con Luis Sepúlveda, Raccontare, resisterePer una sinistra reazionaria è del 2007, e del 2010 è Il futuro in punta di piedi.

Nel 2011 pubblica un romanzo a carattere scientifico intitolato L’energia del vuoto, grazie al quale entra a far parte della cinquina di finalisti dell’edizione del Premio Strega dello stesso anno. Nel 2014 esce per Guanda il giallo Prima della battaglia. Un’indagine del commissario Malinconico, nel 2016 Qualcosa, là fuori e nel 2020 Il fantasma dei fatti.

Il regno delle ombre

Titolo: Il regno delle ombre

Autore: Louise Penny

Editore: Einaudi

Anno di pubblicazione: 2020


SINOSSI

Mentre sul Québec infuria la più violenta tormenta di neve dell’anno, Armand Gamache si trova a indagare su due casi. Entrambi oscuri come il cuore dell’inverno canadese. Convocato all’improvviso in una fattoria nei pressi di Three Pines, Armand Gamache, capo della Sûreté du Québec, scopre di essere stato nominato esecutore testamentario da una sconosciuta baronessa. Il documento contiene clausole tanto bizzarre da far sospettare al commissario che si tratti di uno scherzo, ma di lì a qualche giorno, quando nella fattoria viene rinvenuto il cadavere di un uomo, la realtà dei fatti emerge in tutta la sua gravità. Nel frattempo, un enorme carico di droga sta per inondare le strade di Montréal, e Gamache, sospeso dal servizio sei mesi prima proprio per non averlo fermato, deve decidere al più presto come agire.


RECENSIONE

Leggere Il regno delle ombre per chi, come me, si è affezionato al commissario Armand Gamache, capo della Sûreté du Québec, ealle vicende della vivace e solidale comunità di Three Pines diCase di vetro, è un po’ come ritrovare dei vecchi amici.

La narrazione, questa volta, si sviluppa su due fronti. Uno è l’insolita indagine in cui Gamache si trova coinvolto, dopo essere stato nominato esecutore testamentario delle ultime volontà di una donna che non aveva mai conosciuto, insieme a Myrna, sua vicina di casa, e a un giovane di Montreal. Il mistero si infittisce quando, in seguito al crollo della fattoria di proprietà della donna, viene ritrovato il cadavere del suo primogenito.

L’altro filone, invece, collega questo romanzo al precedente, riprendendo l’indagine sull’operazione antidroga di “Case di vetro”, operazione in seguito a cui Gamache è stato sospeso, per non essere riuscito a evitare che un’ingente quantità di carfentanyl, nuova e micidiale droga, passasse la frontiera tra Stati Uniti e Canada.

Alternando i grattacieli di Montreal, i suoi vicoli, popolati da tossici e prostitute alla ricerca di una dose, e i paesaggi canadesi, stretti nella morsa del gelo, isolati dalla neve che cade copiosa, Louise Penny tesse magistralmente la sua trama, intreccia le vicende dei personaggi e finisce per conquistare il lettore, con l’ironia e la delicatezza che caratterizzano la sua scrittura.


L’AUTORE

Louise Penny è nata a Toronto. Ha lavorato a lungo come giornalista, conduttrice radiofonica e televisiva, occupandosi di cronaca e current affair, ma è con la scrittura che raggiunge il successo. I suoi romanzi sono stati insigniti dei più prestigiosi premi letterari dedicati al genere, dall’Anthony Award al Macavity Award. È l’unica autrice ad aver vinto l’Agatha Award for Best Novel per quattro anni consecutivi. In Italia Piemme ha pubblicato L’inganno della luce nel 2013 e La via di casa nel 2017, entrambi con protagonista l’ispettore Gamache. Nel 2019 esce per Einaudi Case di vetro. Le indagini dell’ispettore Armand Gamache.

La fine del tempo

Titolo: La fine del tempo

Autore: Guido Maria Brera

Editore: La nave di Teseo

Anno di pubblicazione: 2020


SINOSSI

Philip Wade è uno stimato professore di Storia contemporanea al Birkbeck College di Londra, ma in passato ha vissuto molte vite e in una di queste ha lavorato per una grande banca d’affari della City in qualità di analista, chiamato a prevedere le tendenze economiche, politiche e sociali su cui indirizzare gli investimenti. Colpito da una forma di amnesia, Philip oggi non riesce più a trattenere alcun ricordo recente: nei buchi della sua memoria scompare anche il saggio che stava scrivendo e di cui non c’è più traccia. Con il ritmo di un giallo, La fine del tempo narra l’indagine di un uomo nell’abisso della propria mente, intorno al mistero di un libro rivoluzionario e perduto. Scoperta dopo scoperta, mentre l’Europa si infiamma sotto il montare della marea populista, Philip Wade ricompone il mosaico del suo libro, che potrebbe mettere in discussione il dominio delle grandi corporation che governano l’economia mondiale. E che hanno fondato la loro ascesa inarrestabile sull’eliminazione della principale variabile del gioco finanziario – il tempo – condannando così il nostro pianeta a vivere un eterno presente, quando tutto è possibile per i nuovi padroni del vapore, i signori del silicio, l’aristocrazia delle app. Dopo il successo italiano e internazionale del romanzo I Diavoli – da cui è tratta la serie evento con Patrick Dempsey e Alessandro Borghi – Guido Brera ritorna con un thriller nella notte dell’economia digitale.


RECENSIONE

La fine del tempo non è un libro semplice, ma é come i migliori crime, dovrebbero essere: lenti attraverso cui filtrare la realtà, leggerla per comprenderne i lati più oscuri. A sei anni dall’uscita de I Diavoli, Brera ricostruisce in questo articolato romanzo i meccanismi dell’alta finanza dell’ultimo decennio, coniugandoli con le dinamiche proprie del thriller.

La fine del tempo è un viaggio nel tempo, che affonda le radici negli anni Duemila:

Il mondo stava cambiando, il mondo stava finendo alle soglie dell’anno di nessun Signore 2009. Così i banchieri centrali corsero ai ripari. C’era un’apocalisse da sventare, o almeno da posticipare. La formula magica era il Quantitative Easing: stampare denaro e pomparlo nelle arterie svuotate di un sistema ormai esangue tramite il più grande acquisto di debito pubblico di tutti i tempi”.

È questa la premessa a partire dalla quale si dipana l’analisi di un’economia in mutamento, che vede sostituirsi all’economia tradizionale, del risparmio e del mattone, una nuova potenza.

È l’imporsi della “tecnofinanza”, l’inquietante aristocrazia dell’hi-tech, delle digital corporation e dei signori della app. È un’economia in cui il fattore tempo non conta più e i tassi di interesse – la misura del tempo in economia – così come il costo del denaro, non esistono più.

A guidarci in questo percorso, il professor Philip Wade, insegnante di Storia contemporanea ed economia al prestigioso Birkbeck College di Londra, la cui memoria è stata gravemente danneggiata in un incidente, cancellando i ricordi del passato recente.

Scava Wade, scava con tenacia nell’abisso della propria mente, per ricostruire il mistero di quel saggio che ha scritto e che potrebbe forse cambiare le sorti dell’economia mondiale, lasciando il lettore con il fiato sospeso fino all’ultima pagina, a sperare che i pezzi del puzzle vadano tutti al proprio posto.


L’AUTORE

Guido Maria Brera nel 1999, non ancora trentenne, è fra i tre soci fondatori del Gruppo Kairos. A più riprese tra i migliori gestori hedge d’Europa, oggi è capo degli investimenti del Gruppo Kairos Julius Baer. Nel 2014 ha pubblicato il romanzo I Diavoli, best seller da cui è nato il sito omonimo idiavoli.com, un progetto di giornalismo narrativo per raccontare la finanza e la geopolitica, e da cui Sky ha realizzato l’omonima serie TV. Nel 2017, con il premio Strega Edoardo Nesi, ha scritto Tutto è in frantumi e danza (La nave di Teseo).

Più di così si muore

Titolo: Più di così si muore

Autore: Sabina Macchiavelli

Editore: Giraldi

Anno di pubblicazione: 2019


SINOSSI

Ambientato sull’Appennino emiliano, il romanzo raccoglie un intreccio di storie legate dal filo di una scomparsa. Le storie sono quelle dei componenti di una famiglia di origine bolognese, i Pascali, sullo sfondo di un bellissimo casale ristrutturato che nelle sue pietre e nei suoi prati conserva ancora il mistero delle anime che ci sono passate. La scomparsa è quella di uno dei tre fratelli, Donato, che dopo un’ultima, ambigua telefonata dal Sudamerica non dà più notizie di sé. Quando un giorno la moglie in lacrime ne annuncia la morte, per Lieta e Severino inizia un periodo doloroso, di ripensamenti e accuse reciproche, ma anche di riflessione sulla vita di ciascuno e sui loro rapporti reciproci. L’instabilità e la tensione che covavano sotto il piano delle relazioni formalmente affettuose esplodono e richiedono di venirne a patti. Il discorso di “successo” e soddisfazione che ciascuno si è costruito appare in realtà una struttura barcollante che puntella difficoltà reali: nei rapporti interpersonali e nelle personali reazioni a ciò che il mondo pretende da noi.


RECENSIONE

Più di così si muore, primo romanzo di Sabina Macchiavelli, richiama già nel titolo la delicata ironia, che accompagna le vicende della famiglia Pascali, divisa tra Ca’ dei Gobbi, una casa colonica ristrutturata ai confini del modenese, in cui vivono Lieta, suo marito Geoffrey e la figlia BJ, il casale poco lontano, abitato dai vecchi genitori, e Bologna, dove stanno invece i fratelli di Lieta, Severino e Donato (quando non è in Sudamerica).

Non capita spesso, per una famiglia così numerosa, di avere occasione di ritrovarsi tutti attorno a un tavolo. Non capita più, da quando nonna Clelia è stata ricoverata in ospedale, in seguito a una crisi respiratoria, e Donato è sparito, dopo una strana telefonata con cui ha svegliato Severino e BJ nel cuore della notte.

È attorno a questo mistero che cominciano a dipanarsi le storie dei singoli personaggi, la loro quotidianità, il loro carattere, i ricordi che li legano o che li tormentano. E l’affetto, sicuramente, ma anche le tensioni, i silenzi, i non detti, che condizionano le relazioni interpersonali, tanto più destabilizzate quanto più si protrae l’assenza di Donato.

Tuttavia, non sono solo i personaggi a parlare, a guidare la narrazione di questo affresco corale, sono anche i luoghi a raccontare la storia. Sono i luoghi dell’Appennino, le sue montagne, i prati, i boschi silenziosi e immobili, impenetrabili.

Sono i luoghi della linea gotica e delle brigate partigiane, ma sono pure i luoghi dei casali in pietra a vista, con gli intonaci rosa pallido, i tetti in cotto e le aiuole intorno, come Ca’ Rosetta e Ca’ dei Gobbi, custodi di ricordi, dei momenti felici e di quelli più dolorosi.

I luoghi mantengono la memoria”, scrive Sabina Macchiavelli, “non si sa come accada, è un’impronta perpetua, della debole perpetuità di cui siamo fatti, impressa nella superficie delle cose”, e forse è proprio il legame che si crea (o, a volte, si scioglie) tra la natura, le cose e le persone a rendere questo romanzo ancora più suggestivo.

Più di così si muore è una saga familiare e un romanzo psicologico, capace di indagare il senso della vita con originalità e delicatezza, e di incantare il lettore per la sua intensità emotiva, dalle prime pagine fino all’epilogo. Che, volutamente, non fornisce tutte le risposte che avremmo voluto, perché anche questo è cifra della nostra esistenza.


L’AUTORE

Sabina Macchiavelli è nata a Bologna nel 1964, abita fra i monti dell’Appenino modenese. Si occupa di cultura come organizzatrice di eventi ed insegnante di lingue straniere. Conduce laboratori di scrittura creativa per bambini e adulti. È autrice di audio documentari e studiosa di docufiction radiofonica, per la quale ha ottenuto un dottorato presso la University of South Wales di Cardiff. Ha pubblicato racconti e saggi comparsi in riviste e antologie. Nel 2013 è uscita per Einaudi la raccolta di racconti E a chi resta, arrivederci, scritta con il padre Loriano. Questo è il suo primo romanzo.

Anello di piombo

Titolo: Anello di piombo

Autore: Piero Colaprico

Editore: Mondadori

Anno di pubblicazione: 2019


SINOSSI

Milano, anni Ottanta. Eleuterio Rupp, uno stimato psichiatra della Milano bene, viene ucciso con quattro colpi di pistola, una mattina, sotto casa sua in piazza Fratelli Bandiera. La questura di Milano mette in campo i migliori uomini che ha a disposizione per catturare il colpevole. Ma, qualche giorno più tardi, due poliziotti coinvolti nell’inchiesta vengono trovati morti e, anche se sembra esserci una spiegazione logica, esiste un’altra verità. La si potrebbe raggiungere soltanto grazie a un diario, una specie di eredità di indizi e suggerimenti che un investigatore lascia a chi gli succederà. Anni dopo l’ispettore Francesco Bagni, già protagonista della Trilogia della città di M., è chiamato a indagare sui misteriosi delitti. Chi è davvero il poliziotto Nunzio Fratoianni? Cosa c’entra la bomba di piazza Fontana con l’omicidio di uno psichiatra nella città che ormai è chiamata la “Milano da bere”?


RECENSIONE

Torna in Anello di piombo l’ispettore Francesco Bagni, già protagonista dei romanzi di Colaprico Trilogia della città di M. e La strategia del gambero. Torna, questa volta, per gettare luce su una serie di omicidi avvenuti anni prima. Tra le vittime, l’amico e mentore “Tanone”, al secolo Sebastiano Nesi.

Bagni cerca affannosamente di orientarsi tra le pagine del diario dell’amico, alla ricerca di un indizio utile, di una qualche pista, che lo aiuti a stabilire un collegamento tra l’inchiesta che Nesi stava seguendo – l’omicidio dello stimato professore Eleuterio Rupp, ucciso a Milano negli anni Ottanta – e la sua stessa morte.

Nel fare questo, Bagni è alle prese con un dolore sordo e profondo, amplificato dall’incapacità di elaborare il lutto e da una diversa, e più angosciante, sensazione di solitudine.

Non aveva paura, Bagni. Provava in quel momento una profonda solitudine. Una solitudine assoluta, nella quale s’avvolgeva sin da piccolo. Non era un problema essere solo. Il problema era che intorno a lui, e alla memoria di Nesi, si stava delineando una sigla misteriosa e fetente, chiamata Anello.

Come Nesi, infatti, anche Bagni finisce per scontrarsi con i segreti di uno Stato “occulto, illegale, dove non contano i ruoli ufficiali, ma altri poteri.”

Con questo enigmatico giallo a incastro, Piero Colaprico riapre uno dei capitoli più oscuri e inquietanti del nostro passato: quello degli anni di piombo, del terrorismo nero, dello stragismo.

Ecco allora che Anello di piombo è qualcosa di più di un romanzo avvincente, scritto con uno stile asciutto e incalzante, che trascina il lettore. È un invito a riflettere sui tanti misteri, ancora irrisolti, che hanno segnato la storia del nostro Paese.


L’AUTORE

Piero Colaprico scrive da anni di malavita per la Repubblica ed è un autore di gialli longseller. Laureato in giurisprudenza, vive a Milano. Oltre alla serie con il maresciallo Pietro Binda (i primi tre libri scritti con Pietro Valpreda), ha pubblicato Trilogia della città di M., La quinta stagione, La donna del campione. Tra i suoi ultimi libri Mala storie. Il giallo e il nero della vita metropolitana (Il Saggiatore, 2010), Le cene eleganti (Feltrinelli, 2011), Le indagini del maresciallo Binda (2013, insieme a Pietro Valpreda), La strategia del gambero (Feltrinelli, 2017), Il fantasma del ponte di ferro (Rizzoli, 2018).

Giallo al cabaret

Titolo: Giallo al cabaret

Autore: AA.VV.

Editore: Solferino

Anno di pubblicazione: 2019


SINOSSI

Un rapimento misterioso riporta a galla volti e vicissitudini di un Refettorio in disarmo. Una vera e propria strage, dai contorni misteriosi, sconvolge il Teatro della Memoria. Un delitto amletico porta al culmine una tragedia di odi e amori, in una compagnia al Teatro dell’Elfo. Un cadavere nel cortile conclude come un macabro scherzo una serata alla Salumeria della Musica. Un mucchietto d’ossa riemerge nel sottotetto dello Zelig, a turbare i sonni di una giovane e bella commissaria. Nei luoghi mitici dello spettacolo e del cabaret milanese va in scena il mistero e gli inquirenti – quelli ufficiali e quelli ufficiosi – cercando la verità troveranno molto altro: ambizioni, successi, eccessi, sconfitte, tradimenti. E una storia grande più di loro, più di tutti: la disordinata epopea di un mondo che affrontava un presente traballante e un futuro incerto armato di un’affilatissima risata. Quest’antologia è un caleidoscopico racconto in cinque atti (più uno) firmati da maestri della suspense, dello spettacolo e della musica come Gigio Alberti, Lorenzo Beccati, Elena e Michela Martignoni, Claudio Sanfilippo e Gino Vignali. Con l’attenta regia di Luca Crovi, gli autori e le autrici rendono omaggio a un’epoca d’oro di Milano e dei suoi palcoscenici, tessendo nelle trame avvincenti dei loro gialli il filo d’oro del ricordo.


RECENSIONE

Prendete la narrazione poliziesca, i temi e i meccanismi propri del racconto d’indagine, e abbinate il tutto alle atmosfere tipiche del mondo del cabaret, del teatro, ai suoi protagonisti e ai luoghi storici della comicità milanese.

Quello che ne esce è un affresco corale e evocativo, firmato dalla penna di cinque autori e artisti d’eccezione, tra cui l’attore Gigio Alberti e il cantautore Claudio Sanfilippo, che in Giallo al cabaret si cimentano per la prima volta con il genere.

Tra il palcoscenico e il dietro le quinte, misteri e colpi di scena si alternano, trascinando il lettore in un vortice di vicende e di tipi umani, segnati da passioni e tradimenti, da successi e declini.

Cinque storie (più una – quella iniziale – scritta dal curatore della raccolta, Luca Crovi) avvincenti e ironiche, che hanno dalla loro un altro grande pregio: quello di puntare il riflettore e riaccendere il ricordo su un patrimonio culturale che non appartiene solo al passato di Milano, ma a quello di tutti.

Giallo al cabaret è infatti, e soprattutto, un garbato omaggio alla scuola milanese della comicità e ai suoi protagonisti. È una sorta di tour guidato nei locali – simbolo della tradizione cabarettistica e nella loro storia, in un’epoca in cui il saper far ridere era considerato un’arte.


GLI AUTORI

GIGIO ALBERTI sarebbe Luigi, ma se lo chiami Luigi non si volta. Per cui Gigio. Milanese. Attore. In cinema e televisione ha lavorato con Salvatores, Bellocchio, Virzì, Archibugi. Nomi grossi. Parti a volte piccole. In teatro ha lavorato col Teatro Franco Parenti, con il Teatro dell’Elfo e con il Teatro OutOff. Parti grosse. Paghe spesso piccole. Di questi tempi gira allegramente per l’Italia portando spettacoli di teatro per paesi e città. Da quattro anni collabora con l’Osteria Letteraria. Serate di cene, presentazioni di libri e letture con giallisti di prim’ordine. Ed è proprio all’insistenza di Luca Crovi, protagonista di tali serate, che si deve questo suo debutto letterario. E anche, forse, al fatto che come milioni di italiani grafomani, anche l’Alberti covava in segreto l’illusione e la vanità di avere anche lui qualcosa da dire. Errore, naturalmente. Ma errare humanum est. È perseverare che è diabolico.

LORENZO BECCATI  ha collaborato come autore a programmi tv che hanno fatto la storia della televisione italiana, tra cui Drive In, Odiens, Lupo Solitario, L’araba fenice, Paperissima e, tuttora, Striscia la Notizia e Paperissima Sprint. Ha scritto film, opere teatrali (in questi mesi in scena Natale in casa Marx, per la regia di Enzo Iacchetti), racconti umoristici, romanzi grotteschi e una decina di thriller storici, l’ultimo dei quali Il Resuscitatore (DeA Planeta, 2018).

ELENA E MICHELA MARTIGNONI sorelle, milanesi, dopo esperienze nell’insegnamento e nella scrittura teatrale, da molti anni scrivono insieme romanzi storici, tradotti anche all’estero, e romanzi e racconti polizieschi. Firmano con lo pseudonimo Emilio Martini la fortunata serie del Commissario Bertè, giunta all’ottavo episodio. Collaborano inoltre con la rivista «Storia in Rete» dove curano una rubrica fissa di recensioni, con il blog «Contorni di Noir» in cui commentano romanzi gialli e noir di autori stranieri e scrivono articoli su argomenti storico-culturali.

CLAUDIO SANFILIPPO cantautore  milanese, ha all’attivo una decina di album, una Targa Tenco e diverse canzoni cantate, tra gli altri, da Mina, Eugenio Finardi, Cristiano De André e Pierangelo Bertoli. Ha pubblicato libri di poesia e narrativa per diversi editori (Mondadori, Rizzoli, Hoepli). Giallo al cabaret è la sua prima esperienza da «giallista».

GINO VIGNALI nato a Milano, con l’amico Michele Mozzati forma la celebre coppia Gino&Michele: tra le tante attività, hanno partecipato alla nascita del cabaret Zelig e sono gli editori dell’agenda Smemoranda. Dopo i vari libri scritti con Michele, Gino ha esordito come giallista con Solferino, con La chiave di tutto (2018), a cui sono seguiti Ci vuole orecchio (2019) e La Notte Rosa (2019), i primi tre romanzi di una tetralogia riminese ambientata nelle quattro stagioni.


IL CURATORE

Luca Crovi Critico rock e speaker radiofonico, Luca Crovi è stato per nove anni conduttore della popolare trasmissione Tutti i colori del giallo in onda su Radiodue. Dal 1993 lavora come redattore per la Sergio Bonelli Editore. Come sceneggiatore ha adattato a fumetti storie di Andrea G. Pinketts, Joe R. Lansdale e Massimo Carlotto.

L’assoluzione

Titolo: L’assoluzione

Autore: Heine Bakkeid

Editore: Giunti

Anno di pubblicazione: 2019


SINOSSI

Ogni anno in Norvegia scompaiono cinque persone al giorno: c’è chi si allontana volontariamente, chi si suicida, chi resta vittima di incidenti o di atti criminali. Milla Lind, famosa scrittrice bestseller, sta lavorando al prossimo romanzo che si ispira a un vero caso di cronaca, quello di due ragazzine scomparse da una casa-famiglia sei mesi prima. Ma da quando Robert, il poliziotto che l’aiutava nelle indagini, è morto in tragiche circostanze, la donna è caduta in una profonda depressione e non è più riuscita a scrivere una sola pagina. La casa editrice decide così di affiancarle Thorkild Aske, l’ex poliziotto dell’Unità Speciale, esperto in interrogatori e serial killer, che cerca di rimettersi in piedi dopo il terribile incidente in cui ha perso la sua compagna e per il quale non solo è rimasto sfigurato ma è stato anche condannato a tre anni di prigione. Nonostante ciò, il suo istinto non è stato scalfito e basta poco a Thorkild per capire che l’affascinante e sensuale scrittrice sta nascondendo la verità. Quando qualcuno tenta di investirlo, quella che doveva essere una semplice consulenza diventa a tutti gli effetti un’indagine molto pericolosa che lo metterà sulle tracce di un temibile serial killer.


RECENSIONE

Thorkild Aske, l’ex poliziotto dell’Unità Speciale uscito dalla penna di Heine Bakkeid, è un perfetto antieroe.

Depresso, sfigurato, tormentato dal senso di colpa per la perdita della compagna e dipendente dagli oppioidi, Thorkild è un uomo che gli eventi hanno piegato, sì, ma che ancora non si è spezzato.

Nell’oscura interiorità di Thorkild sopravvive infatti una luce, un desiderio di combattere che traspare nel suo cinico senso dell’umorismo e nell’istinto, nell’arguzia, a cui tenacemente si aggrappa per risolvere il caso.

Un caso – a proposito – così intricato e avvincente, da rendere “L’assoluzione” uno di quei romanzi che è difficile mettere giù.

La suspense e l’originalità della trama si uniscono a una prosa pulita, emozionante, a uno stile di scrittura curato e ironico.

Bakkeid ci trascina nel suo universo letterario e ci spinge a muoverci tra i personaggi, passando da un punto di vista all’altro con disinvoltura.

La storia è raccontata in modo impeccabile, è elettrizzante, persino divertente in certi punti.

Il risultato?

Non vediamo l’ora di leggere il prossimo episodio della serie!


L’AUTORE

Bakkeid ha iniziato la sua carriera come autore di libri per ragazzi. “L’occhio del faro“, il suo primo thriller, è rimasto per settimane in testa alle classifiche norvegesi e ha dato inizio a una serie con protagonista Thorkild Aske. “L’assoluzione” è lo straordinario secondo capitolo.

La confraternita dei mancini

Titolo: La confraternita dei mancini

Autore: Håkan Nesser

Editore: Guanda

Anno di pubblicazione: 2019


SINOSSI

1991. Doveva essere una rimpatriata fra vecchi conoscenti, che da ragazzi, accomunati da una caratteristica al tempo considerata un grave difetto da correggere, avevano fondato la Confraternita dei Mancini. Durante la cena, però, un terribile incendio distrugge la pensione in cui si sono riuniti. E qualcosa non torna: i partecipanti erano cinque, ma i cadaveri sono quattro. Del quinto nessuna traccia: facile pensare che sia lui l’assassino e che sia riuscito a fuggire.

2012. Ventun anni dopo, il ritrovamento casuale di un corpo sepolto poco lontano dalla Pensione Molly rimette tutto in discussione. L’ex commissario Van Veeteren è così costretto a riprendere in mano quel caso a cui aveva già collaborato in passato, nonostante si stia godendo la meritata pensione come libraio… Le sue indagini andranno a incrociarsi con quelle del più giovane ispettore Barbarotti, che sta lavorando a un omicidio avvenuto in Svezia, e insieme i due dovranno ricomporre un puzzle molto complesso, un caso costellato di false piste e di misteri che si dipana attraverso gli anni. Un intenso thriller psicologico in cui per la prima (e forse unica?) volta Håkan Nesser fa incontrare i suoi personaggi più amati, Van Veeteren e Barbarotti, una coppia di investigatori di razza alle prese con un intricato e avvincente cold case.


RECENSIONE

Se in una piccola comunità vengono commessi due crimini gravi nell’arco di cent’anni, la probabilità che quegli eventi siano collegati è maggiore di quella che non lo siano.

È da questo presupposto che parte Van Veeteren, commissario in pensione, costretto a riesaminare un vecchio caso alle soglie del suo settantacinquesimo compleanno.

Il cadavere del presunto colpevole di un quadruplo omicidio, commesso nel 1991, è stato ritrovato poco lontano dal luogo del delitto (la Pensione Molly, che l’assassino aveva dato alle fiamme dopo aver avvelenato le sue vittime), rimettendo in discussione le conclusioni a cui Van Veeteren era arrivato vent’anni prima.

Un cold case che è un vero rompicapo, anche perché i testimoni ancora in vita per aiutare l’ex commissario sono rimasti in pochi, e le vicende del presente affondano le loro radici negli anni Sessanta.

Mentre Van Veeteren torna quindi a scavare con alterna fortuna nel passato delle vittime, accomunati – all’apparenza – solo dall’appartenenza in età adolescenziale alla singolare Confraternita dei Mancini, l’indagine si intreccia inaspettatamente con altro un caso di omicidio, assegnato all’ispettore Gunnar Barbarotti.

E qui, in effetti, sta il colpo di genio di Nesser, che fa incrociare per la prima volta in questo avvincente thriller psicologico, carico di suspense e di mistero, le strade dei protagonisti delle sue fortunate serie, Van Veeteren e Barbarotti, rispettivamente a quindici e sei anni dalla pubblicazione degli ultimi romanzi.


L’AUTORE

Nesser è nato nel 1950 a Kumla, in Svezia. Dopo aver insegnato lettere in un liceo, da anni si dedica esclusivamente alla scrittura. Della serie che ha per protagonista il commissario Van Veeteren, Guanda ha pubblicato: La rete a maglie largheUna donna segnataL’uomo che visse un giornoIl commissario e il silenzioCarambole (premio Glasnyckeln), Un corpo sulla spiaggiaLa rondine, il gatto, la rosa, la morteIl caso GIl commissario cade in trappola e Il dovere di uccidere. Della serie dedicata all’ispettore italo-svedese Gunnar Barbarotti sono usciti: L’uomo senza un caneEra tutta un’altra storiaL’uomo con due viteL’uomo che odiava i martedì e Confessioni di una squartatrice. Nel catalogo Guanda sono presenti anche Il ragazzo che sognava Kim Novak e Morte di uno scrittore. Da Morte di uno scrittore e La nemica del cuore sono tratti i primi due film della trilogia Intrigo, per la regia di Daniel Alfredson.